Donne, Uomini e la Storia
Giuseppe Di Vittorio
Nasce a Cerignola il 13 agosto del 1892 [in realtà la data è l'11 agosto, dichiarata all'anagrafe di Cerignola il 13 agosto, ndr] . Il padre Michele è un lavoratore dei campi e tutta la famiglia è costituita da braccianti agricoli. La madre si chiama Rosa Errico.
Nel 1902 il padre muore in seguito a malattia contratta nel suo lavoro di curatolo, e lui è costretto ad abbandonare la scuola elementare per essere avviato al lavoro nei campi.
Nel 1904, nel maggio, partecipa ad una manifestazione di lavoratori agricoli, durante la quale interviene la polizia. Quattro lavoratori vengono colpiti a morte. Fra questi un suo giovane amico quattordicenne, Antonio Morra. Nel 1910, alla fine di novembre, diventa segretario del circolo giovanile socialista di Cerignola, che prende il nome di "XIV maggio 1904", per ricordare l'eccidio consumato in quell'anno. Il circolo prende ben presto un indirizzo a carettere sindacalista rivoluzionario, staccandosi dal PSI e aderendo alla Federazione di Parma della gioventù socialista. Partecipò all'esperienza del sindacalismo rivoluzionario e aderì all'USI (l'Unione Sindacale Italiana, nata nel 1912 dalla scissione con la CGdL riformista), ricoprendone dal 1913 la carica di membro del Comitato Centrale. Nel 1913 diventa segretario della Camera del Lavoro di Minervino Murge, mentre si sviluppa in parecchi centri della Capitanata e della provincia di Bari l'influenza del sindacalismo rivoluzionario.
Nel 1914, ricercato dalla polizia in seguito ai fatti della "settimana rossa", è costretto a riparare a Lugano. Quindi prende contatto con molti fuoriusciti italiani e ne approfitta per studiare in modo sistematico. E' quello che Di Vittorio ricorderà come il suo "liceo". Nel 1915 è richiamato in guerra e dopo aver partecipato a parecchie azioni rimane ferito. Per il suo passato di "sovversivo", dopo un lungo peregrinare, viene inviato a Porto Bardia, in Libia. Rientrerà in Italia tra gli ultimi, nell'agosto del 1919. Il 31 dicembre sposa Carolina Morra. Avranno due figli: Baldina, che nasce a Cerignola il 6 ottobre del 1920, e Vindice che nasce a Bari il 21 ottobre 1922. Nel 1921 viene eletto deputato mentre è detenuto nelle carceri di Lucera. La elezione a deputato avviene in circostanze del tutto eccezionali. Esse ci offrono un quadro della situazione non solo personale, ma ci indicano lo scontro sociale in atto tra la fine del 1920 e la metà del 1921. In questo periodo dilaga il fascismo, con la violenza più spietata, in molti centri pugliesi considerati le roccaforti del movimento socialista e, soprattutto, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Queste fanno capo, in parte, alla CGdL, di orientamento socialista, e in misura consistente (Cerignola, Minervino, Corato, Bari) all' Unione sindacale italiana, di cui Di Vittorio è il maggiore e più qualificato esponente. La resistenza al fascismo era molto forte in Puglia e Di Vittorio ne era uno degli animatori più convinti e deciso. Ed è proprio in seguito ad uno sciopero regionale antifascista, in un momento in cui il movimento operaio è più in ritirata, che Di Vittorio viene arrestato. Nel 1921 lo scontro in quella campagna elettorale è totale: i fascisti provocano una strage a Cerignola (nove lavoratori uccisi). Nonostante il clima di violenza e di intimidazione Di Vittorio viene eletto. Per tutto il 1921 e fino ai primi mesi del 1923, l'attenzione preminente di Di Vittorio è rivolta alla situazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni in Puglia, sottoposta ad un'opera di logoramento fino alla distruzione. Egli stesso è bandito dalla sua città, dai fascisti di Cerignola. Ma è a Bari che egli mette a profitto tutta la sua esperienza, nella Camera del Lavoro. L'occasione e' offerta dallo sciopero nazionale, detto "legalitario", dell'estate 1922, che ha luogo in tutta Italia per imporre la fine delle violenze fasciste ed il ritorno al rispetto della legge. Indetto dall'Alleanza nazionale del lavoro lo sciopero si risolse in una amara sconfitta: furono poche le realtà nel quale si costituì un ampio schieramento antifascista. Una di queste è stata Bari e la sua Camera del Lavoro che riuscì a costituire un ampio schieramento di forze (socialisti, sindacalisti, anarchici, comunisti, ufficiali fiumani, arditi del popolo) e tenne in scacco i fascisti fino all'ottobre del 1921, quando intervenne l'esercito a conquistare e sciogliere la Camera del Lavoro. Sul finire del 1922 per Di Vittorio non è più possibile vivere in Puglia. Si trasferisce a Roma. Nel 1924 avviene l'incontro con Antonio Gramsci e con Palmiro Togliatti, che lo porta ad aderire al Partito Comunista. Insieme con Ruggiero Grieco, dirigente comunista pugliese, avvia un'interessante lavoro per gettare le basi di un'organizzazione autonoma dei contadini italiani, in primo luogo nelle regioni meridionali. Il clima è quello della semilegalità che ben presto diventerà, ai primi di novembre del 1926, illegalità piena e totale. Fra il 1928 ed il 1930 è in Urss, rappresentante del Pcd'I presso l'Internazionale Contadina. Nel 1930 va a Parigi per far parte del gruppo dirigente del PCI e per assumere l'incarico di responsabile della CGIL clandestina. Nella primavera del 1935 muore la moglie di Di Vittorio. Nel 1936 è fra i primi ad accorrere in Spagna ad Albacete partecipa all'organizzazione delle Brigate Internazionali con Luigi Longo e Andrè Marty ed altri dirigenti. Nel 1939 dirige "La voce degli italiani", quotidiano antifascista. Il 10 febbraio 1941 è arrestato a Parigi dai tedeschi. Assieme a Bruno Buozzi e Guido Miglioli viene consegnato alle autorità italiane, che lo condannano a 5 anni di confino che sconta sull'isola di Ventotene Nel 1943 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione. Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario generale della Cgil unitaria e poi, dopo la scissione, della Cgil fino alla sua morte. Nel 1946 viene eletto deputato dell'Assemblea Costituente. Tra le sue innumerevoli iniziative, va almeno ricordato il Piano per il lavoro, del 1949. Nel 1953 viene eletto presidente della FSM (Federazione Sindacale Mondiale). La convinta adesione agli ideali comunisti fu sempre contraddistinta da una totale autonomia che ebbe il suo momento più noto nella condanna decisa della feroce repressione sovietica in Ungheria nel 1956. Un altro punto fermo del suo pensiero fu il rifiuto della violenza nelle lotte di massa e nell'azione del movimento sindacale, convinto come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori erano dati gli strumenti pacifici per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la loro influenza sugli altri ceti della popolazione italiana. Non ebbe esitazioni ad ammettere pubblicamente gli sbagli della organizzazione che dirigeva, e memorabile in questo senso rimane il discorso al comitato direttivo della Cgil dell'aprile del 1955, dopo la sconfitta alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori alla Fiat. Muore il 3 novembre del 1957 a Lecco, dopo un incontro con i delegati sindacali. L'affermazione del valore sociale e culturale del lavoro è stato il principio che ha sempre ispirato e accompagnato l'azione sindacale di Di Vittorio; l'autonomia, la democrazia e l'unità del sindacato sono stati i suoi principali obiettivi. La CGIL doveva restare rigorosamente plurale e apartitica, senza per questo venire meno ad una sua naturale vocazione politica, centrata sulla difesa e lo sviluppo della democrazia e della Costituzione repubblicana, che aveva nella solidarietà e nei diritti i suoi principali valori. Pur vivendo una stagione assai difficile, segnata da tensioni ideologiche stridenti legate al sottile equilibrio bipolare della guerra fredda, Di Vittorio lavorò sempre per l'unità di tutti i lavoratori, dalla quale faceva derivare anche l'unità sindacale; a suo avviso, solo in questo modo sarebbe stato possibile difendere l'interesse generale della classe lavoratrice, lottando efficacemente per la sua emancipazione.
LINK:
Rosa Parks
Rosa Parks , nata Rosa Louise McCauley , (nata il 4 febbraio 1913, Tuskegee , Alabama , USA — morta il 24 ottobre 2005, Detroit , Michigan), attivista americana per i diritti civili il cui rifiuto di cedere il suo posto su un autobus pubblico fece precipitare la crisi del 1955– 56Boicottaggio degli autobus di Montgomery in Alabama, che divenne la scintilla che accese ilmovimento per i diritti civili negli Stati Uniti .
Nata dai genitori James McCauley, un abile scalpellino e falegname, e Leona Edwards McCauley, un'insegnante, a Tuskegee, in Alabama, Rosa Louise McCauley trascorse gran parte della sua infanzia e giovinezza malata di tonsillite cronica . Quando aveva due anni, poco dopo la nascita del fratello minore Sylvester, i suoi genitori scelsero di separarsi. Da quel momento in poi, allontanati dal padre, i bambini si trasferirono con la madre a vivere nella fattoria dei nonni materni a Pine Level, Alabama, fuori Montgomery. Lì viveva anche il bisnonno dei bambini, un ex servitore a contratto; morì quando Rosa aveva sei anni. Per gran parte della sua infanzia, Rosa è stata educata a casa da sua madre, che lavorava anche come insegnante in una scuola vicina. Rosa aiutava nei lavori della fattoria e imparava a cucinare e cucire. La vita in fattoria, però, era tutt'altro che idilliaca . Il Ku Klux Klan era una minaccia costante, come ricordò in seguito, " bruciando chiese e scuole di negri, fustigando e uccidendo" famiglie nere. Il nonno di Rosa spesso faceva la guardia di notte, con il fucile in mano, aspettando una folla di bianchi violenti. Le finestre e le porte della casa erano chiuse con assi e la famiglia, spesso raggiunta dalla zia vedova di Rosa e dai suoi cinque figli, all'interno. Nelle notti ritenute particolarmente pericolose, i bambini dovevano andare a letto vestiti addosso per essere pronti nel caso in cui la famiglia avesse dovuto scappare. A volte Rosa sceglieva di restare sveglia e di vegliare con suo nonno. Anche Rosa e la sua famiglia hanno vissuto il razzismo in modi meno violenti. Quando Rosa entrò a scuola a Pine Level, dovette frequentare un istituto segregato dove un insegnante era responsabile di circa 50 o 60 scolari. Sebbene i bambini bianchi della zona venissero portati a scuola in autobus, i bambini neri dovevano camminare. I trasporti pubblici, le fontanelle, i ristoranti e le scuole erano tutti segregati secondo le leggi di Jim Crow . All'età di 11 anni Rosa entrò alla Montgomery Industrial School for Girls, dove alle ragazze nere venivano insegnate materie scolastiche regolari insieme alle abilità domestiche. Ha continuato a frequentare una scuola media nera per il 9° grado e un college per insegnanti neri per il 10° e parte dell'11° grado. All'età di 16 anni, però, fu costretta a lasciare la scuola a causa di una malattia in famiglia, e iniziò a pulire le case dei bianchi. Nel 1932, all'età di 19 anni, Rosa sposò Raymond Parks, un barbiere e attivista per i diritti civili, che la incoraggiò a tornare alla scuola superiore e conseguire un diploma. In seguito si guadagnò da vivere come sarta. Nel 1943 Rosa Parks divenne membro della sezione Montgomery dellaAssociazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore (NAACP), di cui fu segretaria fino al 1956. Il 1 ° dicembre 1955, Parks stava viaggiando su un affollato autobus urbano di Montgomery quando l'autista, dopo aver notato che c'erano passeggeri bianchi in piedi nel corridoio, chiese a Parks e ad altri passeggeri neri di cedere il posto e alzarsi. Tre dei passeggeri lasciarono i loro posti, ma Parks rifiutò. Successivamente è stata arrestata e multata di 10 dollari per il reato e di 4 dollari per le spese giudiziarie, nessuna delle quali ha pagato. Invece, ha accettato l'offerta del presidente della sezione NAACP di Montgomery, ED Nixon, di aiutarla a fare appello contro la condanna e quindi sfidare la segregazione legale in Alabama. Sia Parks che Nixon sapevano che si stavano esponendo a molestie e minacce di morte, ma sapevano anche che il caso aveva il potenziale per suscitare indignazione nazionale. Sotto l'egida delMontgomery Improvement Association , guidata dal giovane pastore della chiesa battista di Dexter Avenue,Martin Luther King, Jr .: il 5 dicembre iniziò il boicottaggio della compagnia municipale di autobus. Gli afroamericani costituivano circa il 70% dei passeggeri e l'assenza del biglietto dell'autobus ridusse profondamente le entrate. Il boicottaggio durò 381 giorni e anche le persone fuori Montgomery abbracciarono la causa: in tutti gli Stati Uniti si verificarono proteste contro la segregazione di ristoranti, piscine e altre strutture pubbliche. Il 13 novembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti confermò la decisione di un tribunale di grado inferiore che dichiarava incostituzionali i posti a sedere segregati sugli autobus di Montgomery e il 20 dicembre fu emessa un'ordinanza del tribunale per integrare gli autobus; il boicottaggio si è concluso il giorno successivo. Per il suo ruolo nell'innescare una campagna di successo, Parks divenne nota come la "madre del movimento per i diritti civili". Semplificazioni della storia di Parks affermavano che lei si era rifiutata di rinunciare al suo posto sull'autobus perché era stanca piuttosto che perché protestava contro un trattamento ingiusto. Ma era un'attivista esperta al momento del suo arresto, avendo lavorato con la NAACP su altri casi di diritti civili, come quello degli Scottsboro Boys , nove giovani neri falsamente accusati di aver aggredito sessualmente due donne bianche. Secondo l'autobiografia di Parks, "non ero stanco fisicamente, o non più stanco di quanto lo fossi di solito alla fine di una giornata lavorativa. Non ero vecchio, anche se allora alcune persone mi immaginavano vecchio. Avevo 42 anni. No, l'unico stanco che ero, era stanco di arrendermi". Parks non fu la prima donna nera a rifiutarsi di cedere il suo posto sull'autobus per una persona bianca: la quindicenne Claudette Colvin era stata arrestata per lo stesso reato nove mesi prima, e dozzine di altre donne nere le avevano precedute nella storia. del trasporto pubblico segregato . Tuttavia, in qualità di segretaria della NAACP locale e con la Montgomery Improvement Association alle spalle, Parks aveva accesso a risorse e pubblicità che quelle altre donne non avevano avuto. È stato il suo caso a costringere la città di Montgomery a desegregare permanentemente gli autobus urbani. Nel 1957 la Parks si trasferì con il marito e la madre a Detroit, dove dal 1965 al 1988 lavorò nello staff del deputato del Michigan .John Conyers, Jr. Rimase attiva nella NAACP e la Southern Christian Leadership Conference istituì un annuale Rosa Parks Freedom Award in suo onore. Nel 1987 ha cofondato il Rosa e Raymond Parks Institute for Self-Development per fornire formazione professionale ai giovani e offrire agli adolescenti l'opportunità di conoscere la storia del movimento per i diritti civili. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui la Medaglia Presidenziale della Libertà (1996) e la Medaglia d'Oro del Congresso (1999). La sua autobiografia, Rosa Parks: My Story (1992), è stata scritta con Jim Haskins.
Sebbene ottenere la desegregazione degli autobus urbani di Montgomery sia stata un'impresa incredibile, Parks non era soddisfatto di quella vittoria. Vide che gli Stati Uniti continuavano a non rispettare e proteggere la vita dei neri americani. Martin Luther King Jr., che era stato portato all'attenzione nazionale dalla sua organizzazione del boicottaggio degli autobus di Montgomery , fu assassinato meno di un decennio dopo la vittoria del caso di Parks. La biografa Kathleen Tracy ha notato che Parks, in una delle sue ultime interviste, non avrebbe proprio detto di essere felice: "Faccio del mio meglio per guardare alla vita con ottimismo e speranza e aspettando con impazienza un giorno migliore, ma non Non credo che esista qualcosa come la felicità completa. Mi addolora che ci sia ancora molta attività e razzismo del Klan. Penso che quando dici che sei felice, hai tutto ciò di cui hai bisogno e tutto ciò che desideri, e niente più da desiderare. Non ho ancora raggiunto quello stadio". Dopo la morte della Parks nel 2005, il suo corpo fu esposto nella rotonda del Campidoglio degli Stati Uniti , un onore riservato ai privati cittadini che hanno reso un grande servizio al loro Paese. Per due giorni le persone in lutto hanno visitato la sua bara e hanno ringraziato per la sua dedizione ai diritti civili. Parks è stata la prima donna e solo la seconda persona di colore a ricevere il riconoscimento.
Bruno Trentin
Nato a Pavie (Francia) il 9 dicembre 1926, deceduto a Roma il 23 agosto 2007, laureato in Giurisprudenza, sindacalista. Quando suo padre era tornato in Italia dalla Francia, dove era emigrato durante il fascismo, il ragazzo aveva continuato a seguirne l'esempio. Così come si era impegnato, nonostante la giovanissima età, nella Resistenza contro i tedeschi a Tolosa, altrettanto fece nel Veneto dove, entrato dopo la morte del padre in una formazione di "Giustizia e Libertà", combatté dal 1944 alla Liberazione, diventando comandante di una Brigata partigiana. Nel dopoguerra, Bruno Trentin si è laureato in Giurisprudenza all'Università di Pavia ed ha successivamente seguito dei corsi presso la Harvard University. Nel 1949 ha cominciato ad occuparsi di questioni sindacali presso la Sezione Studi economici della CGIL; nel 1958 è entrato nella segreteria della Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Trentin, che nel 1950 si era iscritto al Partito comunista italiano, è stato anche consigliere comunale di Roma dal 1960 al 1973 e parlamentare comunista dal 1962 al 1972, incarichi che ha lasciato per meglio occuparsi del lavoro nel Sindacato. Dal 1962 al 1977 è stato segretario generale della FIOM e della FILM (Federazione Italiana Lavoratori Marittimi) e dal 1977 al 1986, e ancora dal 1988 al giugno del 1994, ha ricoperto la carica di segretario generale della CGIL. Membro del CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro), ha diretto dal 1994 l'Ufficio Programma della CGIL. Dal 1999 al 2004, Trentin ha fatto parte del gruppo PSE del Parlamento europeo. Ha pubblicato, nel 1994 Lavoro e Libertà presso l'editore Donzelli. Nello stesso anno è stato coautore, presso Rizzoli, di Il coraggio dell'utopia. La sinistra e il Sindacato dopo il Taylorismo. Nel 1997 la Feltrinelli ha pubblicato, di Bruno Trentin, il saggio La città del lavoro - Sinistra e crisi del fordismo. Trentin è morto al Policlinico Gemelli, un anno dopo una rovinosa caduta dalla bicicletta, avvenuta durante un'escursione su due ruote sulle montagne austriache; da quell'incidente l'ex segretario generale della CGIL non si era più ripreso. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profondo dolore la notizia della morte di Bruno Trentin ha inviato alla moglie Marcelle e ai figli un messaggio di affettuosa solidarietà, in cui ricorda di essere stato legato a Trentin per decenni da una amicizia rinnovatasi ancor più da vicino nella comune partecipazione al Parlamento Europeo: "Scompare con Trentin un grande protagonista delle battaglie del mondo del lavoro, del processo di autonomia e di unità del sindacato, della storia democratica del Paese dagli anni della Resistenza alle lunghe stagioni della costruzione e dello sviluppo dell'Italia repubblicana cui fino alla fine ha dedicato le straordinarie risorse della sua intelligenza, del suo impegno civile e sociale e della sua moderna visione degli interessi generali della Nazione."
Piero Calamandrei
Di antica famiglia di giuristi (suo padre, professore e avvocato, era stato anche deputato repubblicano), si era laureato a Pisa nel 1912. Nel 1915 era già docente di procedura civile all'Università di Messina e, tolta la parentesi della prima guerra mondiale, avrebbe insegnato a Modena (1918), a Siena (1920) e, dal 1924 sino ai suoi ultimi giorni, nell'Ateneo fiorentino di cui fu rettore. Interventista, Calamandrei aveva partecipato da volontario alla guerra 1915-18 come ufficiale di Fanteria, ma nonostante la promozione a tenente colonnello, preferì riprendere la carriera accademica. L'avvento del fascismo lo portò ad impegnarsi contro la dittatura. Di qui la collaborazione con Salvemini e poi con i fratelli Rosselli, con i quali fondò il Circolo di Cultura di Firenze che, nel 1924, dopo essere stato devastato dagli squadristi, fu definitivamente chiuso per ordine prefettizio. La violenza fascista non spaventò il professore, che partecipò alla pubblicazione del Non mollare e all'associazione "Italia Libera", che avrebbe più tardi ispirato il movimento "Giustizia e Libertà" e poi il Partito d'Azione. Piero Calamandrei, che aveva anche aderito all'Unione nazionale antifascista promossa da Giovanni Amendola e che, nel 1925, aveva sottoscritto il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce, dopo il consolidarsi della dittatura tornò ai suoi studi giuridici (sua è l'Introduzione allo studio delle misure cautelari del 1936), pur mantenendo sempre i contatti con l'emigrazione antifascista. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e membro della regia commissione per la riforma dei codici, fu uno dei principali ispiratori del Codice di procedura civile del 1940. Ciononostante, quando gli fu chiesto di sottoscrivere una lettera di sottomissione a Mussolini, Calamandrei preferì dimettersi dall'incarico universitario, che avrebbe ufficialmente ripreso, come rettore, alla caduta del fascismo. L'atteggiamento dell'eminente studioso, com'ebbe a scrivere Norberto Bobbio, "fu di solitario disdegno...", poiché "...verso i padroni e i loro servitori, non si saprebbe dire quale dei due detestasse di più". Calamandrei, che nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'Azione, dopo 1'armistizio, inseguito da un mandato di cattura, si rifugiò in Umbria. Di qui seguì, "con trepidazione e fierezza", la nascita e l'espansione del movimento partigiano, mantenendo contatti e collaborando con la Resistenza, nella quale fu particolarmente attivo il figlio Franco. Dopo la Liberazione, Piero Calamandrei fu nominato membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Quando il PdA si sciolse, entrò a far parte del Partito socialdemocratico, per il quale fu eletto deputato nel 1948. Nel 1953, contrario alla "legge truffa", sostenuta anche dai socialdemocratici, prese parte, con l'amico Ferruccio Parri, alla fondazione di "Unità Popolare", che contribuì ad impedirne l'approvazione. Fondatore, del settimanale politico-letterario Il Ponte, che diresse dopo la Liberazione per dodici anni, Piero Calamandrei fu anche direttore della Rivista di diritto processuale, de Il Foro toscano e del Commentario sistematico della Costituzione italiana. Molto apprezzato dai cultori del Diritto, il suo Elogio dei giudici scritto da un avvocato e, memorabile per efficacia, l'epigrafe dettata da Calamandrei per la Lapide ad ignominia, che il Comune di Cuneo ha dedicato al generale nazista, criminale di guerra, Albert Kesselring.
Nilde Iotti
Nata a Reggio Emilia il 10 aprile 1920, deceduta a Roma il 3 dicembre 1999, insegnante, dirigente comunista, prima donna in Italia nominata Presidente della Camera dei deputati.
Il padre - un sindacalista socialista che faceva il deviatore alle Ferrovie e che, durante la dittatura, era stato perseguitato dai fascisti - aveva voluto che la figlia Leonilde - per tutti Nilde - studiasse. La ragazza si era così laureata (in Lettere e Filosofia, all'Università Cattolica di Milano) e, per alcuni anni, aveva insegnato all'Istituto tecnico industriale di Reggio Emilia. Dopo l'8 settembre 1943, per Nilde Iotti l'impegno che l'avrebbe accompagnata tutta la vita: la giovane insegnante era, infatti, entrata nelle file della Resistenza operando nei "Gruppi di difesa della donna" che, anche nella provincia di Reggio, hanno dato un grande contributo alla lotta contro i nazifascisti. Dopo la Liberazione, la Iotti è segretaria dell'UDI a Reggio, nel '46 viene eletta al Consiglio Comunale come indipendente nelle liste del PCI e, dopo aver maturato la propria iscrizione al partito, il 2 giugno dello stesso anno è eletta all'Assemblea costituente. Nel PCI entra a far parte degli organismi dirigenti nazionali e, nel 1948, è eletta per la prima volta alla Camera dei deputati. È riconfermata per le successive legislature e il 29 giugno 1979 è eletta (al primo scrutinio e prima donna nella storia parlamentare italiana), Presidente della Camera. Per tredici anni Nilde Iotti ha ricoperto con grande prestigio quell'incarico, sino a che, il 18 novembre 1999, già gravemente malata, si era dimessa tra l'applauso unanime e ammirato dell'intero schieramento parlamentare. Sin dalla Resistenza, la Iotti è stata protagonista delle battaglie in difesa delle donne. Nel 1955 era stata la prima firmataria di una proposta di legge per istituire una pensione e un'assicurazione per le casalinghe. Nel 1974 aveva partecipato attivamente alla battaglia referendaria in difesa del divorzio. L'anno dopo promosse la legge sul diritto di famiglia. Nel 1978 contribuì a far approvare la legge sull'aborto. E così sino a che la malattia non la costrinse a dimettersi. Al nome di Nilde Iotti - che per diciotto anni fu la compagna di Palmiro Togliatti - sono intitolati, in molte parti d'Italia asili, organizzazioni giovanili, sedi dei Democratici di sinistra. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della giornata commemorativa organizzata dal Comune di San Quirico d'Orcia (Siena) per ricordare Nilde Iotti ha inviato, il 28 marzo 2009, questo messaggio al Sindaco Marileno Franci: "Nilde Iotti, con la quale ho condiviso una lunga attività parlamentare e intrattenuto un rapporto di feconda amicizia, ha rappresentato un esempio altissimo di rigore morale, di forte passione civile, di intelligente e totale impegno al servizio delle istituzioni del paese. Nella sua vicenda umana e politica si riflette la storia stessa dell'Italia repubblicana, che ella ha accompagnato nel cammino di ricostruzione e di sviluppo dai banchi dell'Assemblea costituente e poi della Camera dei Deputati, di cui per lungo tempo fu presidente unanimemente apprezzata, garanzia di libero confronto per tutti i gruppi politici. La lezione politica di Nilde Iotti, anche nella costante affermazione del principio costituzionale dell'uguaglianza della donna nella società, nel lavoro e nelle professioni, mantiene oggi intatta tutta la sua forza e attualità, e la manifestazione di oggi costituisce un giusto riconoscimento ad una eredità che è patrimonio dell'intero paese".
Tina Anselmi
Nata a Castelfranco Veneto (TV) il 25 marzo 1927, scomparsa a Castelfranco Veneto (TV) il 1 novembre 2016, insegnante, sindacalista, esponente della DC, più volte ministro.
La notorietà di Tina Anselmi non deriva tanto dal contributo da lei personalmente dato alla Resistenza, quanto dall'attività politica da lei svolta nel dopoguerra. Eppure proprio la guerra partigiana ha determinato le sue scelte. Tina Anselmi, infatti, decise da che parte schierarsi quando, giovanissima, vide un gruppo di giovani partigiani portati al martirio dai fascisti che li impiccarono. Divenne così staffetta della brigata autonoma "Cesare Battisti" e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Nel 1944 si iscrisse alla DC e - non si era ancora laureata in lettere all'Università Cattolica di Milano - partecipò attivamente alla vita del suo partito, non dimenticando mai le ragioni profonde della sua scelta antifascista. Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale dei tessili, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell'Unione europea femminile. Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna. Ha inoltre presieduto per due volte la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2. Tina Anselmi è stata tre volte sottosegretaria al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, una volta ministra del Lavoro, due volte ministra della Sanità. Si deve a lei la legge sulle "pari opportunità" ed è stata tra gli autori della riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale. Nel 2004 ha promosso la pubblicazione del libro intitolato Tra città di Dio e città dell'uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta di cui ha scritto l'introduzione e un saggio.
Greta Thunberg
Thunberg Ernman, Greta Tintin Eleonora. – Attivista svedese per la giustizia ambientale (n. Stoccolma 2003). Fondatrice del movimento giovanile Fridays For Future, dall'agosto 2018 ha indetto uno sciopero scolastico per protestare contro l'assenza di politiche adeguate a contrastare i mutamenti climatici indotti dall'azione antropica. Attraverso i social media, Thunberg ha condotto una capillare opera di sensibilizzazione per la difesa della biosfera, ottenendo la massima amplificazione del suo messaggio di sostenibilità con gli interventi alla conferenza delle Nazioni Unite COP24 di Katowice tenutasi nel dicembre 2018, dove ha reclamato il diritto al futuro delle nuove generazioni e sollecitato i governi ad agire tempestivamente per accelerare la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, rivedendo al rialzo le stime contenute negli Accordi di Parigi del 2015 e ribadendo anche al World Economic Forum di Davos (gennaio 2019) e al Parlamento europeo (febbraio 2019) l'improrogabilità dell'adozione di misure atte a limitare in ciascun Paese l'impronta ecologica pro capite, anteponendo le politiche in difesa dell'ambiente a ogni valutazione di carattere economico. Agli scioperi del venerdì hanno aderito, organizzando manifestazioni pacifiche e prive di insegne politiche, giovani di numerosi Paesi, quali la Germania, la Finlandia, i Paesi Bassi, la Danimarca, il Belgio, l'Australia e, dal febbraio 2019, l'Italia, dove i Fridays for future hanno avuto luogo a Bologna, Pisa, Milano, Torino e Venezia; il 15 marzo si è tenuto il Global Strike For Future, il primo sciopero mondiale globale a difesa della biosfera cui hanno tra l'altro aderito scuole di quaranta Paesi del mondo per reclamare soluzioni drastiche da adottare entro i prossimi 12 anni, mettendo in atto alternative valide soprattutto nel campo della produzione dell'energia. Gli interventi più significativi dell'attivista sono stati raccolti nel volume Scener ur hjärtat (con B. e M. Ernman, 2019; trad. it. La nostra casa è in fiamme. La nostra battaglia contro il cambiamento climatico, 2019). Nel settembre 2019 l'attivista svedese ha aperto il Youth Climate Summit dell'ONU a New York, e nello stesso giorno i giovani di tutto il mondo sono tornati in piazza per una settimana di mobilitazioni globali, mentre nel novembre 2019 T. ha partecipato alla COP25 sul clima tenutasi a Madrid, raggiungendo la città con mezzi di trasporto a basso impatto ambientale. Il 24 aprile 2020 una mobilitazione planetaria digitale è stata organizzata sulle piattaforme sociali durante il lockdown legato all'emergenza Covid-19 per richiamare l'attenzione sui nessi tra depauperamento delle risorse ambientali e salute pubblica. Nel settembre 2021 l'attivista ha partecipato In Italia alla Youth4Climate, conferenza dei giovani sul clima che rappresenta l'evento introduttivo alla Pre-Cop26, tenutasi a Milano dal 28 settembre 2021 con la partecipazione di due giovani per ognuno dei 197 Paesi aderenti all'ONU. Sulla lotta di Thunberg in difesa dell'ambiente il regista svedese N. Grossman ha diretto nel 2020 il docufilm Greta, mentre nel 2022 l'attivista ha curato il volume The climate book.
fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/thunberg-ernman-greta-tintin-eleonora/
Peppino Impastato
Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963. Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino "L'Idea socialista" e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo "Musica e cultura", che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1977 fonda "Radio Aut", radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era "Onda pazza", trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Lo stesso giorno a Roma viene trovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse, e la morte di Moro cancella o relega in secondo piano quella di Impastato. Forze dell'ordine, magistratura e stampa parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima. In un fonogramma il procuratore capo Gaetano Martorana scrive: "Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Verso le ore 0,30-1 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura all'altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore". La scoperta di una lettera, scritta molti mesi prima, completa il quadro: l'attentatore era un suicida. I compagni di Peppino vengono interrogati come complici dell'attentatore, vengono perquisite le case della madre e della zia di Impastato, dei suoi compagni e non quelle dei mafiosi e le cave della zona, notoriamente gestite da mafiosi, nonostante che una relazione di servizio redatta da un brigadiere dei carabinieri dica che l'esplosivo usato era esplosivo da mina impiegato nelle cave. Sui muri di Cinisi un manifesto dice che si tratta di un omicidio di mafia. Un altro manifesto a Palermo, con la scritta: "Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia". Al funerale partecipano circa mille persone provenienti in gran parte da Palermo e dai paesi vicini. L'11 maggio il Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Impastato, assieme ad altri presenta un esposto alla Procura in cui si sostiene che Peppino è stato assassinato. La mattina dello stesso giorno si svolge un'assemblea alla Facoltà di Architettura dell'Università di Palermo, con l'intervento del docente di Medicina legale in pensione Ideale Del Carpio, che smonta la tesi dell'attentato e del suicidio. Nel pomeriggio dell'11 maggio a Cinisi il comizio di chiusura della campagna elettorale che doveva fare Peppino assieme a un dirigente nazionale di Democrazia proletaria, su invito dei compagni viene fatto da Umberto Santino, fondatore del Centro, che indica nei mafiosi di Cinisi, e in particolare in Badalamenti, i responsabili del delitto. In quei giorni i compagni di Peppino raccolgono resti del corpo e trovano delle pietre macchiate di sangue nel casolare in cui Peppino era stato portato e ucciso o tramortito. Avranno un ruolo decisivo nel prosieguo delle indagini. Il 16 maggio la madre di Peppino, Felicia Bartolotta, e il fratello Giovanni, inviano un esposto alla Procura indicando Badalamenti come mandante dell'omicidio. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale. Grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione, presso cui si costituisce un Comitato di controinformazione che nel luglio 1978 pubblica il bollettino 10 anni di lotta contro la mafia, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria. Il 9 maggio del 1979, nel primo anniversario del delitto, il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Peppino, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection. La madre rivela un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: "Prima di uccidere Peppino devono uccidere me". Muore nel settembre del 1977 in un incidente stradale che potrebbe essere stato un omicidio camuffato. Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l'archiviazione del "caso Impastato", ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei "corleonesi". Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un'istanza per la riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell'omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l'udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti. Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si costituisce un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 viene approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini, pubblicata successivamente nel volume Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio. Nel settembre del 2000 esce il film I cento passi che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico. Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti. Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino. Nel 2011 casa Badalamenti, confiscata, è stata assegnata all'Associazione Casa Memoria "Felicia e Peppino Impastato" e all'Associazione "Peppino Impastato". Nel 2011 la Procura di Palermo ha riaperto le indagini sul depistaggio. Nell'aprile del 2012 esce una nuova edizione del volume Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio.
fonte: https://www.casamemoria.it/biografia-di-giuseppe-peppino-impastato/
Dante Di Nanni
Nato a Torino il 27 marzo 1925, caduto nella stessa città il 18 maggio 1944, motorista, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Intorno a mezzogiorno la notizia era già arrivata, creando viva eccitazione, nelle grandi fabbriche di Torino: "Stanno sparando contro le brigate nere in Borgo San Paolo". In realtà erano i fascisti e i tedeschi che, con l'appoggio di un carro armato e di un'autoblinda, dalle 11 scaricavano gragnole di colpi contro le finestre del secondo piano di un edificio di via San Bernardino. Dalla casa, ogni tanto, partivano brevi, precise raffiche di mitra e qualche lancio di bombe a mano. Ad un certo punto una carica di tritolo bloccò anche il carro armato. Poi i colpi che arrivavano dalla casa si fecero sempre più radi e ad un tratto ad un balcone apparve la figura di un uomo; il giovane si avvicinò vacillando alla ringhiera, levò in alto il pugno chiuso in un ultimo gesto di sfida e si lasciò cadere nel vuoto. Così morì Dante di Nanni, che già pochi giorni dopo fu proclamato "Eroe nazionale" dal Comitato militare del CLN regionale piemontese. Il ragazzo era figlio d'immigrati pugliesi. A 15 anni era entrato in fabbrica, ma aveva continuato a studiare in una scuola serale. A 17 si era arruolato in Aeronautica e nell'agosto del 1943 era motorista al I Nucleo addestramento caccia di Udine. L'8 settembre del 1943 non segnò il ritorno a casa ma, con l'amico Francesco Valentino, poi impiccato dai fascisti in corso Vinzaglio a Torino, l'inizio della lotta contro i nazifascisti in una piccola banda nelle vicinanze di Boves. Dispersa la formazione, Di Nanni, sempre con Valentino, alla fine di dicembre riuscì a riparare nella sua abitazione torinese. L'inattività durò poco. Alla fine di gennaio, i due ragazzi erano già entrati nei G.A.P. comandati da Giovanni Pesce. La notte del 17 maggio Pesce, Di Nanni, Bravin e Valentino attaccano una stazione radio sulla Stura; prima di farla saltare in aria disarmano i nove militi che la presidiavano e, sulla promessa che non avrebbero dato l'allarme, salvano loro la vita. I gappisti, invece, vengono traditi e sono sorpresi da un intero reparto nemico. Nello scontro, i quattro rimangono tutti feriti, ma riescono a sganciarsi. Il più grave è Di Nanni, raggiunto da sette proiettili al ventre, alla testa e alle gambe. Pesce, ferito ad una gamba, riesce a trascinare Dante in una cascina e, all'alba, a farlo trasportare nella base di borgo San Paolo. Qui un medico antifascista vede il ferito, ne ordina l'immediato ricovero in ospedale e Pesce lascia Di Nanni per organizzarne il trasporto. Quando ritorna, i fascisti, avvertiti da una spia, stanno già sparando contro la casa di via San Bernardino.
Malala Yousafzai
Malala Yousafzai aveva solo undici anni quando ha iniziato la sua lotta per il diritto delle ragazze all'istruzione e contro l'estremismo dei talebani in Pakistan. Ha continuato la sua lotta anche dopo aver subito un attentato nel 2012.
Nel 2013, Malala è stata la più giovane vincitrice del Premio Sacharov, che ha dedicato agli «eroi misconosciuti del Pakistan», in difesa del diritto di tutti i bambini all'istruzione.
«Molti bambini non hanno nulla da mangiare e da bere e hanno un gran desiderio di istruzione. Il fatto che 57 milioni di bambini siano privati del diritto di andare a scuola è allarmante [...] e deve scuotere le nostre coscienze», ha affermato Malala di fronte ai rappresentanti di 28 nazioni in un Parlamento europeo gremito e alla presenza eccezionale di tutti i vincitori del Premio Sacharov viventi, riuniti per la conferenza celebrativa del 25° anniversario del Premio, aggiungendo: «un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo».
La battaglia di Malala per l'istruzione ha avuto inizio quando, a undici anni, scriveva un diario anonimo online sulla vita di una scolara sotto il regime dei talebani nella valle dello Swat, in Pakistan. Nel 2009 i talebani decretavano la chiusura di tutte le scuole femminili, mentre l'esercito pachistano cercava di contrastarli per mantenere il controllo. Malala è stata costretta insieme alla famiglia a lasciare la sua città sotto assedio, mentre la scuola che frequentava è stata ridotta in rovine. Ritornati a casa in seguito al miglioramento della situazione della sicurezza, Malala e il padre Ziauddin, che gestiva una scuola femminile, hanno continuato, nonostante le minacce, a sostenere l'istruzione delle ragazze. Malala ha utilizzato il denaro di una donazione per acquistare uno scuolabus; su quello stesso scuolabus nel 2012 è stata colpita e ferita, assieme ad altre due ragazze, in un agguato rivendicato dai talebani.
Oggi Malala porta avanti con impegno la campagna a favore dell'istruzione femminile, è cofondatrice del Fondo Malala e membro dello Youth Education Crisis Committee, istituito dall'inviato speciale delle Nazioni Unite per l'istruzione globale, Gordon Brown, il quale ha stimato che, ai ritmi attuali, l'istruzione per tutte le bambine sarà una realtà soltanto nel 2086, e non nel 2015, come previsto negli Obiettivi di sviluppo del millennio. «L'Islam consente alle bambine di essere istruite. È compito e responsabilità di ogni individuo, maschio o femmina, acquisire istruzione e conoscenze», afferma Malala.
Il 12 luglio, giorno del compleanno di Malala, è stato scelto dalle Nazioni Unite, nell'ambito dell'iniziativa Global Education First, come Malala Day, una piattaforma per consentire ai minori di manifestare per il loro diritto all'istruzione.
Nel 2014 Malala ha vinto il Premio Nobel per la pace «per la sua lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione», diventando così la più giovane vincitrice sia del Premio Sacharov sia del Premio Nobel.
Nel 2017 Malala si è iscritta al Lady Margaret Hall College, presso l'Università di Oxford nel Regno Unito. Ha usato il denaro del Premio Nobel per la Pace per fondare una scuola per ragazze nella sua città natale, nel distretto pakistano di Shangla. La scuola è stata inaugurata nel marzo 2018. Poco dopo Malala l'ha visitata, nel suo primo viaggio in Pakistan dopo essere stata vittima dell'attentato dei talebani.
Il Fondo Malala sostiene gli educatori locali nelle regioni in cui la maggior parte delle ragazze non arriva a frequentare la scuola secondaria e si occupa di reperire le risorse e di promuovere i cambiamenti politici necessari per dare a tutte le ragazze un'istruzione secondaria, facendosi portavoce delle loro esigenze ed esperienze.
FOTO: Wikimedia Commons | licenzaCopyright: WWW.SARAHJEYNES.COM